Impugnativa di licenziamento per giusta causa
CORTE DI APPELLO DI MILANO - Sezione lavoro - Sentenza n. 938 del 13.05.2019
Massime: ammissibilità dell’appello. Valutazione e accertamento del Giudice del Lavoro. Appropriazione indebita.
- Ammissibilità dell’appello: gli oneri che vengono imposti dall’art. 434 comma 1 c.p.c. nel testo introdotto dall’art. 54 comma 1 lettera c bis del D.L. 22.6.2012 n. 83 convertito in legge 134/2012, devono essere interpretati nel senso di permettere l’individuazione agevole delle parti della sentenza impugnata e di delimitare l’ambito del giudizio di gravame, con riferimento ai passaggi argomentativi che sorreggono gli specifici capi della sentenza.
- Valutazione e accertamento del Giudice del Lavoro: il G.L. è chiamato all’accertamento ed alla valutazione della sussistenza di quei fatti idonei a ledere l’essenziale elemento fiduciario alla base del rapporto di lavoro.
- Appropriazione indebita: la reiterazione della condotta, la sottrazione per oltre un mese alla immediata disponibilità del denaro da parte dell’azienda, la mancata osservanza delle regole imposte per garantire alla società di conoscere “dove sono le buste” (ndr contenenti il denaro) senza l’esigenza di ulteriori controlli, la consegna delle stesse solo dopo l’inoltro della contestazione disciplinare ed altresì lo stato non integro delle medesime sono circostanze che rendono sussistente l’ipotesi di appropriazione indebita ed integrano sia gli estremi della “sottrazione” prevista dall’art. 64 CCNL sia della giusta causa ex art. 2110 c.c.
Nota:
La suindicata pronuncia ha ad oggetto il reclamo ex art. 434 c.p.c. avverso la sentenza del Tribunale che rigettava il ricorso proposto dal lavoratore e volto ad accertare la nullità, l’inefficacia e la illegittimità del licenziamento intimatogli, l’annullamento dello stesso e la conseguente reintegra nel posto di lavoro.
Nello specifico il lavoratore, in qualità di personale addetto al maneggio denaro, indebitamente tratteneva le buste contenenti il denaro per un periodo di tempo di oltre un mese senza addurre alcuna oggettiva, ragionevole e soprattutto provata giustificazione.
La Corte, all’esito di una valutazione degli elementi soggettivi ed oggettivi ed anche a fronte di una reiterata e non isolata condotta posta in essere dal lavoratore, ha ritenuto sussistente e considerato integrati gli estremi di una giusta causa “in grado di ledere irrimediabilmente l’essenziale elemento fiduciario alla base del rapporto di lavoro”.
Ha dunque confermato la legittimità del licenziamento intimato per giusta causa al lavoratore e rigettato il reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Milano.