Processo del lavoro e tutela cautelare
TRIBUNALE DI ROMA – Sezione Lavoro 14.08.2018 n. 24079 – Rel. Dott.ssa Consigli
Massime: Danno alla base del procedimento cautelare. Fumus boni iuris. Periculum in mora.
- Danno alla base del procedimento cautelare: la tutela cautelare è prevista dall’ordinamento non in relazione a tutti i tipi di danno, ma soltanto a quei danni che si presentino come gravi ed irreparabili.
- Fumus boni iuris: nel procedimento cautelare non può considerarsi integrato il requisito del fumus boni iuris esclusivamente in relazione al maggior tempo necessario per ottenere un provvedimento favorevole, ma occorre che tale danno rechi un pregiudizio grave ed irreparabile.
- Periculum in mora: tale requisito deve essere considerato con riferimento alla sussistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile tale da non consentire la chiusura di un giudizio di merito.
Nota:
il caso oggetto del suddetto decreto ha alla base una richiesta cautelare della lavoratrice volta all’accertamento dell’illegittimità del trasferimento disposto dal datore di lavoro e la conseguente richiesta di reintegra nell’originaria sede di lavoro. Nello specifico la lavoratrice proponeva reclamo, lamentando l’omissione di pronuncia sulla condotta discriminatoria del datore di lavoro ed affermando la contestuale presenza dei requisiti del periculum in mora e del fumus boni iuris.
Il collegio dopo aver osservato che alla base del procedimento cautelare devono esservi danni gravi ed irreparabili, ha evidenziato che nel processo del lavoro, per sua natura rapido, è fondamentale un accertamento ancora più puntuale e preciso circa la sussistenza dei requisiti essenziali a cui è subordinato il ricorso alla tutela di urgenza.
Nello specifico la reclamante affermava la sussistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile scaturito tanto dalle patologie da cui era affetta quanto dalle condotte vessatorie e discriminatorie del datore di lavoro, in particolare consistenti nel trasferimento ad altra sede di lavoro. In relazione allo stato di salute il collegio ha evidenziato che nel caso di specie mancasse di fatto una correlazione tra gli stesso ed il trasferimento in altra sede e lo stesso anche in relazione agli asseriti comportamenti discriminatori che la stessa lavoratrice ha riferito risalenti nel tempo. Il Collegio ha altresì osservato che la lavoratrice non ha comunque assolto all’onere di allegare fatti indicativi e sintomatici di una tale condotta discriminatoria. Nulla producendo in ordine, ad esempio, alla collocazione di altri invalidi, ovvero in ordine alla collocazione di altri colleghi addetti allo stesso impianto dal quale questa era stata trasferita e risultati destinatari di trasferimenti più favorevoli.