GLI ELEMENTI DI VALUTAZIONE DELLA GIUSTA CAUSA DI LICENZIAMENTO
Corte di Cassazione – sezione lavoro, sentenza n. 13355 del 28 aprile 2022 – Giudice Relatore dottoressa Fabrizia Garri
Massima:
“Ritiene il Collegio che la Corte di merito nel ritenere sussistente la giusta causa di licenziamento si sia correttamente attenuta alla regola secondo la quale, ai fini della legittimità del licenziamento disciplinare irrogato per un fatto astrattamente costituente reato, non rileva la valutazione penalistica del fatto né la sua punibilità in sede penale, né la mancata attivazione del processo penale per il medesimo atto addebitato, dovendosi effettuare una valutazione autonoma in ordine alla idoneità del fatto ad integrare gli estremi della giusta causa o giustificato motivo del recesso (cfr. Cass. 21/08/2019 n. 21549 e già Cass. 03/01/2011 n. 37 e 03/10/2007 n. 20731). Orbene, nel ricostruire i fatti addebitati al ricorrente e valutarne la rilevanza disciplinare il giudice del reclamo ha valorizzato la circostanza che il lavoratore non aveva offerto una plausibile giustificazione del fatto che non aveva spontaneamente provveduto alla consegna delle buste contenenti gli incassi (…) ed ha posto in rilievo che l’inadempimento si connotava di una particolare gravità tenuto conto della qualifica di responsabile (…) rivestita dal (omissis) e del tempo trascorso tra l’incasso e la restituzione. La condotta è stata presa in esame e sussunta oltre che nella fattispecie prevista dall’art. 64 del c.c.n.l. applicabile (…) anche nella nozione generale di giusta causa di licenziamento, ai sensi dell’art. 2119 cod. civ., sulla base di argomentazioni ragionevoli e conformi a standard e valori esistenti nella realtà sociale che impongono di tenere conto delle qualità del soggetto che ha commesso il fatto, del suo specifico ruolo e degli specifici obblighi di correttezza nell’esecuzione della prestazione che alla sua posizione lavorativa sono connessi (…). Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato”
Nota
La sopra citata pronuncia, agli atti dello scrivente Studio Legale, ha ad oggetto la pretesa di un lavoratore di veder dichiarato nullo il licenziamento per giusta causa ad egli intimato dall’azienda, per aver quest’ultimo omesso di provvedere spontaneamente, ed in più occasioni, alla consegna dell’incasso derivante dall’attività lavorativa posta in essere per conto dell’azienda e in ragione delle mansioni ad egli affidate e, per l’effetto, di vedersi riconosciuto il diritto ad essere reintegrato nella posto di lavoro da egli ricoperto. Il tutto, sulla base della considerazione per cui detto licenziamento non costituirebbe una sanzione congrua alla gravità della condotta posta in essere dal lavoratore.
Con tale pronuncia, la Corte di Cassazione, confermando le ragioni e le argomentazioni logico-giuridiche compiute dalle corti di merito – nella specie, il Tribunale di Milano e la Corte di Appello di Milano -, ha statuito che la giusta causa del licenziamento deve valutarsi alla luce della idoneità del fatto stesso ad essere inteso in quanto tale, considerando gli standard e i valori della società, del ruolo ricoperto dal lavoratore nell’azienda, delle qualità del soggetto e degli specifici obblighi su di esso gravanti nell’esecuzione della sua prestazione lavorativa.
Sulla base di dette osservazioni, la Corte di legittimità ha rigettato il ricorso proposto dal lavoratore.