Licenziamento per giustificato motivo. Tempestività e sottoscrizione dell’impugnativa. Forma della domanda e correttezza del rito

TRIBUNALE DI CATANIA - Decreto di rigetto n. cronol. 23448/2019 del 13/06/2019 - Giudice Dott.ssa Antonella Resta

Massima:

L’impugnativa del licenziamento requisiti di forma: In tema di licenziamento individuale, l’impugnativa che – secondo il disposto della L. n. 604 del 1966, art. 6 – dev’essere proposta dal lavoratore a pena di decadenza entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione dell’atto di recesso del datore di lavoro, costituisce  un atto negoziale dispositivo e formale (essendo richiesta la forma scritta ad substantiam) che può essere posto in essere unicamente dal lavoratore medesimo (oltre che dall’associazione sindacale, cui quest’ultimo aderisca, in forza del potere di rappresentanza ex lege previsto dall’art. 6 cit.) da un rappresentante del primo munito di specifica procura scritta e quindi anche da un terzo, ancorché avvocato o procuratore legale provvisto di procura, il cui operato venga successivamente  ratificato dal lavoratore, sempre che tale ratifica rivesta forma scritta.

La ratifica nell’impugnativa del licenziamento: la procura deve rivestire la forma scritta alla stregua degli artt. 1392 e 1324 c.c., ammettendosi anche la successiva ratifica dell’operato del rappresentante senza potere, purché questa sia sempre in forma scritta e sia portata a conoscenza del datore di lavoro prima del termine di 60 giorni per impugnare. Non è compatibile con l’impugnativa del licenziamento l’estensione della retroattività della ratifica ex art 1399 cod. civ.  all’impugnativa del licenziamento oltre al termine decadenziale previsto per il compimento di tale atto, tale cioè da far ritenere tempestiva detta ratifica anche allorquando essa sia stata notificata o comunicata dal datore di lavoro oltre il termine di decadenza di sessanta giorni, per evidenti esigenze relative alla definizione della sorte dei rapporti lavorativi, né sussistono ragioni per rimediare tale conclusione alla luce della riforma dell’art. 6 operata dall’art. 2 della legge n. 183 del 2010.

Inammissibilità della domanda proposta con rito sbagliato: dell’adibizione a mansioni difformi da quelle di appartenenza e comunque “non consone” al proprio stato di salute va accolta l’eccezione di inammissibilità della domanda in quanto proposta nell’ambito del giudizio c.d. “Fornero” in quanto non rientrante nell’ambito di applicazione del rito speciale previsto ex lege 92/12 per i licenziamenti.

A tal riguardo, ai sensi dell’art 1 co. 47 l.92/2012 le disposizioni del commi 48 e 68 si applicano alle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi regolate dall’art. 18 della legge 20 maggio n. 1970 n. 300, e successive modificazioni, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro. Il successivo art 1 co. 48 l. 93/2012 stabilisce che con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle di cui al comma 47 del presente articolo, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi.

Nota:

il caso in esame investe l’impugnativa del licenziamento per giusta causa comminato ad una lavoratrice in ragione dell’assenza ingiustificata dal servizio, attuata dalla stessa a seguito del di lei trasferimento ad un diverso sito della stessa azienda. Il presente giudizio veniva introdotto dalla ricorrente con il rito di cui all’art 1 comma 47 della legge 92/2012 in quanto avente ad oggetto una domanda di tutela reintegratoria prevista nelle ipotesi di cui all’art 18 della L. 300/1970.

Il datore di lavoro, quale parte resistente, proponeva come eccezione preliminare l’intervenuta decadenza dall’impugnativa in quanto formalizzata con comunicazione priva della necessaria sottoscrizione, chiedendo quindi il rigetto del ricorso essendo stato lo stesso effettuato in violazione del disposto di cui all’art 6 della Legge 604/1966, il cui dettato normativo prevede testualmente che “Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. Il termine di cui al comma precedente decorre dalla comunicazione del licenziamento ovvero dalla comunicazione dei motivi ove questa non sia contestuale a quella del licenziamento”.

Orbene, il Giudice allineandosi con quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, osservava che l’impugnativa deve essere proposta tempestivamente con forma scritta richiesta ad substantiam -ossia a pena di nullità- dal lavoratore medesimo, ovvero da un’associazione sindacale a cui quest’ultimo aderiva, ovvero, come nel di specie, da un rappresentante legale e, l’impugnativa deve essere sottoscritta personalmente dall’interessato e qualora lo stesso venga supportato da un procuratore legale questo deve essere munito di apposita procura trasmessa congiuntamente all’atto di impugnazione, nell’ipotesi in cui il rappresentante legale ne sia sprovvisto, il suo operato deve essere ratificato dal lavoratore con atto portato a conoscenza del datore di lavoro entro i termini per l’impugnativa (Corte di Cassazione – Sez. Unite – Sent. n. 2179 del 1987).

Quanto sopra in narrativa è stato confermato dalla più recente giurisprudenza (Cort. Cass. n. 8197 del 2014; Cort. Cass. n. 15888 del 2012; Cort. Cass. n. 9182 del 2014; Cort. Cass. n. 8412 del 2000) la quale osserva che la procura debba rivestire la forma scritta ai sensi degli artt. 1392 e 1324 c.c., ammettendosi che l’operato del rappresentante legale possa essere successivamente ratificato purché sempre in forma scritta e che la ratifica sia portata a conoscenza del datore di lavoro prima della scadenza del termine per impugnare ossia entro i sessanta giorni. La ratio dell’impossibilità di estendere la retroattività della ratifica ex art 1399 c.c. all’impugnativa del licenziamento oltre al termine decadenziale previsto per il compimento di tale atto, va ricercata nell’esigenza di dare “definizione dei rapporti lavorativi” (Cort. Cass. n. 9182 del 2014; ord. 25188 del 2017).

Chiarito ciò è bene precisare che nel caso in esame parte ricorrente nulla ha dedotto circa l’eventuale conferimento della procura scritta al proprio legale in un momento anteriore a quello della trasmissione dell’impugnativa del licenziamento, né circa l’eventuale nonché successiva ratifica dell’operato del proprio procuratore entro il termine di decadenza, sicché in conformità agli orientamenti sopra citati della Suprema Corte, l’Organo Giudicante dichiara l’inammissibilità dell’impugnativa del licenziamento per intervenuta decadenza ai sensi dell’art 6 l. 604/1966.

Da ultimo, la lavoratrice assumeva che nel corso del periodo alle dipendenze di parte resistente, era stata chiamata a svolgere mansioni difformi da quelle di appartenenza previste nel contratto di assunzione, deducendo altresì che le suddette mansioni non fossero consone al proprio stato di salute, ossia alla sua invalidità, asserendo così la violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di tutelare dell’integrità fisica dei dipendenti. In ragione di ciò, la ricorrente chiedeva la condanna della società convenuta al risarcimento del danno subito, domanda in relazione alla quale parte resistente presentava un’eccezione di inammissibilità, essendo stata proposta nell’ambito di un giudizio c.d. Fornero nonostante fosse estranea all’ambito di applicazione di tale rito speciale ex legge 92/2012 previsto per i soli licenziamenti irrogati nelle ipotesi regolate dall’art. 18 della legge 20 maggio n. 1970 n. 300 atteso che, ai sensi dell’art 1 co. 48 della l. 92 del 2012 con il ricorso non possono essere disposte domande diverse da quelle di cui al comma 47 del presente art, salvo che siano fondate sugli identici motivi”.

 

In altri e più chiari termini, la domanda di risarcimento formulata dalla lavoratrice, presuppone l’utilizzo di un rito differente rispetto a quello per cui è stata causa, pertanto, il Giudice, ha accolto l’eccezione di inammissibilità così come formulata da parte resistente.

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