L’efficacia delle Sentenze Penali nel giudizio disciplinare
In materia di licenziamento disciplinare riveste particolare importanza la questione relativa all’efficacia extrapenale delle sentenze irrevocabili di assoluzione emesse all’esito di un procedimento penale.
Risulta particolarmente importante analizzare i presupposti ed i limiti che consentono al giudicato penale di interferire nell’ambito del giudizio disciplinare e/o civile, ivi spiegando la propria efficacia preclusiva e condizionando il potere di valutazione ed accertamento del giudice civile in deroga al consolidato principio di autonomia del procedimento penale rispetto a quello civile.
L’art. 653 c.p.p. rubricato “Efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare” dispone al comma 1 che “La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso”.
Ed ancora l’art. 654 c.p.p. in relazione all’efficacia delle sentenza penale di condanna o di assoluzione “in altri giudizi civili” dispone che “Nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno ad un diritto o interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale (…)”
Il tenore testuale delle norme in commento riconosce, quindi, al giudicato penale di assoluzione un’efficacia nel giudizio civile di tipo condizionato, subordinando l’effetto preclusivo del giudicato di assoluzione nel procedimento civile ad un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza del fatto o della partecipazione dell’imputato.
Diversamente, la pronuncia di assoluzione determinata dalla mancanza o dall’insufficienza di prova circa la commissione del fatto o dell’attribuibilità di esso all’imputato (i.e. sentenza pronunciata ai sensi dell’art.530, comma2, c.p.p.) non determina alcun effetto preclusivo nell’ambito del giudizio civile, atteso che l’assenza di un accertamento pieno ed effettivo circa la sussistenza del fatto non potrebbe in alcun modo condizionare o precludere il potere di valutazione ed accertamento del giudice civile.
Deve, ulteriormente, precisarsi che oltre alla necessaria sussistenza di un accertamento pieno nei termini sopra descritti, l’effetto preclusivo e condizionante della sentenza di assoluzione penale presuppone che la sentenza penale sia divenuta irrevocabile e che sia stata pronunciata a seguito di dibattimento, di talché alcun effetto di giudicato può essere attribuito ad una sentenza di assoluzione pronunciata all’esito di un rito abbreviato.
Sotto un profilo soggettivo, l’efficacia della sentenza irrevocabile di assoluzione esplica i propri effetti solo nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile costituitosi nel relativo giudizio penale. Di talché, nell’ambito di un giudizio civile o disciplinare, giammai potrebbe attribuirsi efficacia di giudicato esterno ad una sentenza penale pronunciata nei confronti di una parte non costituitasi nel relativo procedimento, dovendo necessariamente esservi una coincidenza delle parti tra il giudizio penale e quello civile.
Sul punto, si è recentemente espresso il Tribunale di Milano (con sentenza del 22 maggio 2020 n. 612, Giudice dott.ssa Porcelli) che aderendo all’ormai granitico orientamento giurisprudenziale ha affermato “l’art. 654 c.p.p. prevede l’efficacia della sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione nel giudizio civile, ma solo ne confronti dell’imputato della parte civile e del responsabile civile (…) Come precisato dalla Cassazione nella sentenza 7127/2017 “ai sensi dell'art. 652 (nell'ambito del giudizio civile di danni) e dell'art. 654 (nell'ambito di altri giudizi civili) c.p.p., il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza o del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilità di esso all'imputato e cioè quando l'assoluzione sia stata pronunziata a norma dell'art. 530, comma 2, c.p.p.. Più in generale, la Cassazione, nella sentenza n. 8035/2016 ha affermato ‘che al fine di delineare l'ambito di operatività della sentenza penale e la sua idoneità a provocare gli effetti preclusivi di cui agli artt. 652, 653 e 654 c.p.p. nessuno degli elementi integrativi della fattispecie criminosa deve risultare provato, e il giudicato di assoluzione è idoneo a produrre effetti preclusivi (quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso) nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo, specifico e concreto accertamento circa l'insussistenza del fatto o l'impossibilità di attribuire questo all'imputato, e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilità di esso all'imputato.”
Pertanto, le ipotesi di cui agli artt. 652, 653 e 654 c.p.p. avendo un evidente contenuto derogatorio del principio di autonomia e separazione tra giudizio penale e civile non sono suscettibili di applicazione analogica; al di fuori del loro perimetro applicativo il giudice civile deve interamente ed autonomamente rivalutare, nel rispetto del contraddittorio, il fatto in contestazione” (Cass. sent. n.17316/2018).