Assunzione nelle procedure di Cambio Appalto.
Nel nostro ordinamento non vi è una disposizione che regolamenti in modo organico la fattispecie del la sua disciplina soprattutto nell’ambito della contrattazione collettiva, la quale contiene vere e proprie “clausole di protezione” (definite “clausole sociali” o di “assunzione”) a favore dei lavoratori e la cui finalità è quella di garantire la salvaguardia dei posti di lavoro dei soggetti precedentemente occupati dall’appaltatore uscente, imponendone l’assunzione in capo all’impresa subentrante secondo le modalità espressamente individuate all’interno dei singoli contratti collettivi.
Orbene, in uno alla previsione di specifiche clausole di assunzione, i CCNL provvedono inoltre a disciplinare compiutamente ogni fase della procedura interessante la fattispecie del cambio di gestione, con coinvolgimento -sempre in un’ottica di tutela dei lavoratori– delle Organizzazioni Sindacali competenti per territorio al fine di assicurarne la corretta applicazione.
E’ chiaro dunque che viene così a delinearsi una fattispecie completamente autonoma, il cui carattere specifico ha nel tempo giustificato, spesso pure per volontà espressa del Legislatore, l’inapplicabilità all’istituto in esame di disposizioni normative anche fondamentali della materia giuslavorista, i cui interessi sono garantiti aliunde, proprio attraverso le clausole/procedure di cambio appalto.
Il riferimento, in via meramente esemplificativa, e più risalente nel tempo è contenuto nelle circolari 29 novembre 1991, n. 155/91 e 28 maggio 2001 L/01, con le quali il Ministero del Lavoro, preso atto delle modalità con le quali si avvicendano gli appalti, già riteneva di escludere l’applicabilità della procedura di mobilità – e delle connesse garanzie indennitarie – ai licenziamenti perpetrati in tali ambiti proprio, perché in materia di “cambio appalto” la tutela del lavoratore si dimostrava (e si dimostra tutt’ora) già prestata in forma specifica proprio attraverso le clausole di salvaguardia.
In secondo luogo, utile può essere ancora il riferimento all’art. 7, comma 3 del D.L. n. 76/2013 modificativo dell’art. 7 della Legge n. 604/1966 (Norme sui licenziamenti individuali), il quale- sostenuto da medesime ragioni pratiche- esclude, in virtù del rinvio all’art. 2, comma 34 della legge n. 92/2012, l’applicabilità della procedura in DTL ai licenziamenti per GMO effettuati in conseguenza di cambi di appalto, atteso che da un lato la ragione del “giustificato motivo” è insita nella perdita dell’appalto e dall’altro perché la tutela del lavoratore è garantita dalla presenza delle OOSS e dalle procedure codificate nel CCNL.
Da qui l’evidente necessaria valorizzazione della funzione della contrattazione collettiva, la quale, preso atto del carattere fisiologico che il turn over delle imprese assume in molti settori provvede essa stessa a codificare specifiche procedure che si presentino più efficaci a garantire effettivamente la tutela occupazionale, tenuto conto delle peculiarità della fattispecie; il tutto imponendo: i) alla cessazione di un contratto l’apertura del tavolo sindacale con le OO.SS di settore; ii) la partecipazione al predetto tavolo dell’appaltatore uscente, il quale è altresì tenuto a fornire dati e requisiti dei lavoratori da esso adibiti ai servizi onde permettere l’individuazione, con l’intervento dei sindacati, dei soggetti aventi diritto al passaggio alle dipendenze del nuovo appaltatore in esecuzione delle citate clausole di occupazione; iii) la previsione di ulteriori clausole di riserva, per le quali, in assenza dei presupposti per il passaggio al nuovo appaltatore, le organizzazioni sindacali si fanno parti attive per valutare con l’uscente ed il subentrante possibilità di reimpiego del personale. In altri termini, anche ove non ci siano le condizioni per il passaggio, è ancora in sede sindacale che la questione verrebbe valutata e definita.
Ad ulteriore conferma della peculiarità della fattispecie in esame, vi è che nell’ambito delle procedure di cambio appalto, come precedentemente chiarito, l’assunzione alle dipendenze dei nuovi aggiudicatari è successiva al licenziamento da parte dell’impresa che perde l’appalto; di talché è evidente che al momento in cui l’uscente è chiamato a valutare se procedere o meno al licenziamento, questi può stimare unicamente gli elementi a sua disposizione –ossia, presenza di una normativa a tutela della continuità occupazionale e verifica della sussistenza o meno dei presupposti per la sua operatività- ma non può prevedere se ed in quali limiti la stessa verrà in concreto applicata e men che meno valutare (e tantomeno rispondere) di condotte arbitrarie da parte del subentrante.
Ne deriva, allora, che non dovrebbe pretendersi che venga effettuata ex ante una valutazione dell’adempimento o meno dell’obbligo di assunzione da parte dell’impresa subentrante con conseguente impossibilità di poter ritenere in questi casi sussistente in capo alla società uscente un obbligo di ricollocazione (c.d. repechage) preventivo al licenziamento. Come osservato dal Tribunale di Milano, infatti, “l’assunzione alle dipendenze di altri datori di lavoro è necessariamente successiva al licenziamento da parte dell’impresa che perde l’appalto e, quindi, al momento del licenziamento…l’impresa uscente può essere a conoscenza solo della presenza o meno di una normativa a tutela della continuità occupazionale, ma non può certo sapere se ed in che limiti la stessa verrà in concreto applicata. Non è possibile quindi pretendere che venga effettuata ex ante una valutazione dell’adempimento o meno dell’obbligo di assunzione da parte dell’impresa subentrante” (cfr. Tribunale di Milano, sentenza n. 253 dell’8 febbraio 2017).
In tale contesto, valga osservare che su tale fattispecie ed a conferma di quanto sin qui esposto si è recentemente pronunciato il Tribunale di Roma, il quale ha precisato “Orbene, il tenore letterale del licenziamento intimato alla ricorrente depone inequivocabilmente per un’ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo, determinato appunto dalla perdita dell’appalto dei servizi affidati dalla … alla … con subentro negli stessi della …. La fattispecie del c.d. cambio-appalto sussiste ogni volta che al precedente appaltatore ne subentri un altro individuato a seguito della aggiudicazione per mezzo di un bando di gara o di altra procedura pubblica o privata di individuazione del nuovo contraente. Tuttavia, il personale dipendente addetto al precedente appalto non prosegue di diritto il suo rapporto di lavoro con il nuovo appaltatore subentrante ex art. 2112 c.c. e può acquisire il solo diritto ad essere assunto ex novo da parte di quest’ultimo sulla base di una eventuale espressa previsione di legge o di fonte collettiva. La successione negli appalti tra le imprese trova la sua disciplina soprattutto nell’ambito della contrattazione collettiva, la quale […] contiene vere e proprie “clausole di protezione” (definite “clausole sociali”) a favore dei lavoratori e la cui finalità è quella di garantire la salvaguardia dei posti di lavoro dei soggetti precedentemente occupati dall’appaltatore uscente, imponendone l’assunzione in capo all’impresa subentrante secondo le modalità espressamente individuate all’interno dei singoli contratti collettivi (i quali provvedono, inoltre a disciplinare compiutamente ogni fase della procedura interessante la fattispecie del cambio di gestione con il coinvolgimento, a tutela dei lavoratori, delle OO.SS. competenti) […] Pertanto, il lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo alla scadenza dell’appalto non avrà diritto ad essere reintegrato nel proprio posto di lavoro né dall’appaltatore uscente né da quello subentrante. […]” (Decreto di rigetto n. 18088/2019 del 21.02.2019).